lunedì 19 giugno 2023

Anche lo Yoga non è più quello di una volta

 

Ho lasciato perdere, con molto dispiacere, un corso di yoga che mi ha veramente deluso.

Avevo iniziato a praticare yoga, se ben ricordo, nel 1979 e allora mia aveva entusiasmato. Poi avevo smesso e ripreso ad intervalli di anni. L'ultimo impatto è stato assolutamente sgradevole.

Innanzitutto lo yoga mi aveva colpito per la sua essenzialità, bastava un piccolo spazio ed essere vestiti comodi: ora ci sono i mattoncini, le cinghie... boh? Andaiamo con ordine.

Avevo iniziato yoga presso l'associazione Italo-indiana. I corsi erano tenuti da indiani. Per me voleva dire scoprire un altro mondo e un altro modo di guardare alla realtà. Un modo fuori dagli schemi meccanicistici dell'occidente. Soprattutto era un modo diverso di guardare a quella macchina inefficiente che era il mio corpo: non sufficientemente alta, non sufficientemente veloce, non sufficientemente forte... con lo yoga il mio corpo non era più una macchina ma è parte di me! Una scoperta fantastica! Già da ragazzino, non so per quale motivo, ero stato visitato dal dott. Marcel Hutter. Non che i genitori mi avessero portato volutamente da lui, forse sostituiva qualcuno o rilasciava qualche certificato, infatti non lo vidi più. Il dottore mi disse di non dar troppo peso a quanto dicono di me i genitori, sulla mia inadeguatezza ai loro schemi, di fregarmene. Fu un' illuminazione, la caduta di un peso! Ma fu solo la pars destruens. Lo yoga mi aveva aiutato ad accettarmi, a ringraziare Dio di avermi creato: così. Tutto sommato belloccio.

Non voluti casi della vita, mi hanno costretto a smettere.  Ho poi ripreso lo Yoga molti anni dopo, ma dopo un po' di anni ho smesso perché l'insegnate era troppo attratto dalle varie correnti new age. Era molto bravo come insegnante di yoga, ma guadagnava di più con corsi di rei-ki e altre ciarlatanerie. Nei primi tempi i suoi momenti di yoga erano veramente belli, ma poi scivolava sempre più in digressioni da “rubrica della psicologa” del settimanale di ricette culinarie.

Nella scuola dove insegnava mia moglie si tenevano corsi di Yoga per insegnanti stressati, ma aperti anche ai famigliari. Mi aggregai. Ebbi un'impressione buona, ma il covid pose fine al breve periodo.

Recentemente nuovo corso da un'altra parte e grande delusione. Yoga dei mattoncini. Yoga performante. Ma quello che maggiormente mi lascia perplesso nel nuovo yoga è che mira all'esatto contrario:

Che io sappia Yoga ha la stessa etimologia sanscrita dell'italiano (l'attuale latino) “giogo” cioè unione. Invece nell'ultimo corso veniva proposto di rimanere concentrati su proprio respiro di non pensare a cosa dovrò fare dopo ecc... cioè “staccarmi”. Invece anche i miei pensieri, le mie preoccupazioni, la mia rabbia e la mia contentezza il mio affetto sono tutto parte di me. Non voglio perdere nulla, ma come nel primo yoga, quello degli indiani, valorizzare tutto. E poi perchè staccare? Così l'io-macchina recupererà energie per migliori performance: Blah!

 

 

 

 

sabato 13 maggio 2023

10 € di Antonio Ferrer.

 


Stavo scrivendo questa ri-lettura per nulla letteraria  (vedi figura) dei Promessi Sposi e mentre analizzavo il comportamento di Antonio Ferrer a proposito del calmiere sul prezzo del pane, mi è scattato un lampo che vorrei condividere. La colpa di Ferrer è quella di aver “agito sugli output” senza aver analizzato e corretto ove possibile tutto il processo che porta alla distribuzione del cibo. Invece l'agire sugli output porterà, nel romanzo, a dei problemi ulteriori.

Analogamente un grave problema attuale è il Lavoro povero. Cioè lavori, spesso utili, ma che non permettono di uscire dalla povertà pur lavorando.

Tra quelli che si rendono conto del problema e vorrebbero trovare una soluzione, molti propongono il salario minimo a 10 euro. Ottimo che esistano forze politiche, purtroppo minoritarie, che si rendano conto del problema, ma non rischiamo di fare come Antonio Ferrer? Cerchiamo anche di capire la cause.

Mi piacerebbe l'intervento di qualche sociologo. Io ho solo sensazioni, non ho dati quantitativi.

Ne butto lì alcune:

Le grandi catene al posto dei piccoli negozi . A parità di clientela totale e la somma delle merci vendute, i negozi davano stipendi da “piccola borghesia / alto proletariato” a chi ci lavorava. I profitti delle catene vengono divisi tra azionisti, qualche manager, qualche impiegato medio e tanta manovalanza.

Anche la moda dei sub-appalti, spesso a cascata,  in vari settori contribuisce a questo.

Agli inizi della mia carriera le software house lavoravano spesso su progetti chiavi in mano e solo alcuni in body-rental. Ora, dal sentore che ho, troppe software-house sono diventate agenzie di caporalato.

    Apro la sfida!

giovedì 27 aprile 2023

Mix tra Neil Young, Gipo Farassino e Zygmunt Bauman

Qui ho fatto una marmellata!

Ho notato che il titolo "Long may you run" , titolo di una vecchia canzone di Neil Young, ha quasi la stessa metrica di "Cor nen, va pian" titolo di una vecchia canzone di Gipo Farassino. Ho semplificato leggermente la musica di Neil Youg facendola diventare una specie di polka, ho piemontesizzato il testo.

Bisogna immaginarsi negli anni 80, quando non esistevano i GPS, c'erano i mangianastri, e il progresso degli anni del benessere mostrava le prime crepe.Quelle poche righe di Zygmunt Bauman spiegano il concetto.

 Peccato l'esecuzione non sia un grnachè, quando avrò tempo la rifaccio.


Testo in piemontese
(grafia incerta)

Dop 'd la cerimonia as và a fè disnè
ma l'agriturismo ën doua a l'è ? 
"Mi sai la strà: steme da press"
"Cor nen va pian"

Cor nen va pian,  cor nen va pian
 che coj darera a 's perdo
e se ti 't voesto andè pì lontan
cor nen va pian
 
Fè torna ste straiole tra le vigne e i prà
na vòlta ën bici e adess ën setà
Dal mangianastri a jè Gipo a cantè
cor nen va pian

Cor nen va pian (...)

 

Sempre pì 'n pressa sempre pì strac
t' a smia d'esse mai bogià
se ët vade fort 't ancòrse nen
se sbaglie strà

Cor nen va pian (...)

Cor nen va pian,  cor nen va pian
 che coj darera a 's perdo
adess che la pressa a l'è pess che la fam
cor nen va pian

 Traduzione Italiana

Dopo la  cerimonia si va a far pranzo
ma l'agriturismo dov'è
"Io so la strada, statemi dietro"
"Non  correre, va piano"
 
Non correre, va piano; non correre, va piano
che quelli dietro si perdono
e se vuoi andare più lontano
non correre, va piano

Far di nuovo quelle stradicciole tra le vigne e i prati
una volta in bici e adesso seduto 
da mangianastri che c'è Gipo che canta
"Cor nen va pian"

Non correre, va piano; non correre, va piano (ecc..)

Sempre più in fretta, sempre più stanco
e ti sembra di non esserti mai mosso
se vai forte non ti accorgi
se sbagli strada

Non correre, va piano; non correre, va piano (ecc..)
 
Non correre, va piano; non correre, va piano
che quelli dietro si perdono
adesso che la fretta è peggio della fame
non correre, va piano
 
 

giovedì 20 aprile 2023

Cantata sul balcone ai tempi del Covid

Ai tempi del Covid avevo fatto questa canzone, liberamente ispirata a "The Times They Are a-Changin' di Bob Dylan

In realtà l'ispirazione mi era venuta mentre andavo a suonare in un parco. Vedevo dei vecchi che chiacchieravano seduti su una panchina e pensavo alla polisemia piemontese della parola banca che vuol dire banca come in italiano, ma anche panca o panchina del parco. Inoltre l'espressione "bate ël cul 'sla pera" vuol dire anche fare fallimento, andare a rotoli economicamente, oltre che quello che indica fisicamente.

Testo 

(ammetto che la mia grafia piemontese è approssimativa)

 Madame e monsu che  v'ëncrde arivà

e 'nsima 'dna banca voi seve ënsetà
ël arpos a fà bin, ma esagerè nen
la strà a l'è ancora longa !
Bogeve le ciape e aoseve ën pè
perchè ij temp a cambio torna
 
E voi bogia-nen e voi berboton
che 'v seve ficave për tuti i canton
piantela ëd rumiè, chitè ëd cristonè 
ëncaminè a guardeve ën torn:
distopeve le orije e ëmparè a scotè
perchè ij temp a cambio torna

Ma ël temp cos' a l'è? E già che lo sai!
basta mac che niun ëm lo ciama
Nosgnor a l'ha falo ënsema ël mond
a l'ha nen crealo prima
Mac për l'amor ij son stait ën ritard
Ma ij temp a torno ancora!
 
ël temp a l'è òr, a diso tuti parei
ma la mòrt a veul nen i sòld për scusa
nè coi re nè coi general
la mòrt ha l'ha niun risgoard
Mac  për l'Amor val la pen-a 'd ruschè
quand che ij temp a cambio torna!
 
Madame e monso che seve ënsetà
'v 'n ancòrse nen  che la banca a talòcia
'v arcordo ch' a l'è nen pròpe bel 
volè giù e bate ël cul ën 's na pera 
Bogeve le ciape e aoseve ën pè
perchè ij temp a cambio torna

Traduzione in italiano

Signore e signori che credete di essere arrivati
e sopra una banca/panca voi siete seduti
il riposo fa bene, ma non esagerate!
La strada è ancora lunga
Muovete le chiappe e alzatevi in piedi
Perché i tempi cambiano di nuovo

E voi bogia-nen (intraducibile) e voi brontoloni
che vi siete messi in tutti gli angoli
smettetela di ruminare, cessate di bestemmiare
cominciate a guardarvi attorno
disotturatevi le orecchie e imparate ad ascoltare
Perché i tempi cambiano di nuovo

Ma il tempo che cos'è? E già che lo so!
Basta solo che nessuno me lo chieda
Iddio l'ha fatto insieme al mondo
Non l'ha creato prima
Soltanto per l'Amore sono stato in ritardo
ma i tempi ritornano ancora!

Il tempo è oro! dicono tutti così
ma la morte non vuole i soldi per scusa
nè col Re nè con i generali,
la morte ha nessun riguardo
Solo per Amore val la pena impegnarsi
Quando i tempi cambiano di nuovo

Signore e signori che siete seduti
non vi accorgete che la banca/panca è instabile?
Vi ricordo che non è proprio bello
volare giù e fare fallimento / battere il culo sulla pietra
Muovete le chiappe, alzatevi in piedi
Perché i tempi cambiano di nuovo

Riferimenti
La prima, seconda e quinta strofa sono totalmente di mia invenzione, la terza si riferisce al discorso sull'essenza del tempo di Sant'Agostino, la quarta alla canzone Barun Litrun


 




 

mercoledì 1 marzo 2023

Fatui Rancori - Caterina Caselli, antidoto dell'Amaro Cora

 Anni fa avevo iniziato a scrivere una specie di autobiografia, ma strutturara in modo da citare direttamente o indirettamente la musica cosiddetta "leggera" che ha accompaganto la mia infanzia e la mia giovinezza. Ho lasciato perdere, ma alcuni passi li rendo pubblici in questo blog

Caterina Caselli, antidoto dell'Amaro Cora.

Oggi ci preoccupiamo che le immagini di violenza e sesso trasmesse dai media impressionino e turbino i bambini. Giusta preoccupazione. Nei primi anni 60 quel che la TV trasmetteva era passato al vaglio di una fitta rete di censure e autocensure. Eppure ci fu un Carosello che mi causò quasi un trauma infantile: la pubblicità dell'Amaro Cora. La scenetta era interpretata da un'attrice che doveva essere piuttosto avvenente, ma completamente oca. Io che della "donna" in astratto non avevo già una idea molto positiva, forse perché andavo a scuola dalle suore ...omissis... ero sconvolto, terrorizzato all'idea di poter sposare, attratto dalla bellezza, una donna così stupida. Ma il terrore del rapporto con la donna in qualche modo metteva in crisi il ruolo di maschio, ulteriormente penalizzato dalla mia incapacità di giocare e addirittura di capire il calcio, allora il gioco maschile per eccellenza omissis...

Fu sempre il sistema dai media, radio e TV, a lanciare alla mia psiche un'ancora di salvezza... "All'improvviso arrivi tu!" Non posso affermare che a 11 anni fossi innamorato di Caterina Caselli, perché le sensazioni degli 11 anni erano diversissime da quelli che avrei provato qualche anno dopo. Caterina Caselli rappresentava un modello positivo di donna. Bella, ma non una donna fatale, non un donna che attrae ed irretisce. Caterina cantando aveva lo sguardo lungo, non puntava dritto come volesse interpellarti. Mi piaceva la sua voce, la sua carica di vita. Anche Rita Pavone non era una vamp ed era piena di energia, ma aveva l'atteggiamento della classica ragazza più grande rompiscatole che se c'è un gioco cretino lo propone sempre "Su! Su facciamolo tutti insieme! IO sono quella che dice "L'orologio di Milano fa Tic-tac! ...Ah tu ti stavi muovendo!!..."

Caterina Caselli invece era perfetta. Se avessi avuto una sorella maggiore avrei voluto che fosse stata lei.

La sua canzone per me più significativa: "Sono bugiarda". Mi esaltavano quegli accordi di Hammond. Il titolo e poi il testo aprirono la mia mente. Non sapevo ancora cosa fosse un paradosso, ne il paradosso del mentitore in particolare e la riformulazione di questo stesso fatta da Buridano, mai sentito parlare dei Koan dei monaci zen, meno che mai del Terorema di Goedel ed altre piacevolezze, semplicemente la frase "Io sono bugiarda" diede un energico colpo di manovella alle sinapsi che il mio cervello adibiva alla logica.

Il testo: in seguito approfondii questo tema con una canzone strutturalmente analoga anche se più colta, poetica e circostanziata "Il testamento di Tito" di De Andrè.

Posso avere tutte le teorie che voglio, fin che sono astratte. Ma quando "all'improvviso arrivi tu", davanti ad una presenza concreta le teorie vanno a farsi.... La legge, articolo per articolo si può smontare, dimostrare che è ingiusta o inadeguata, solo davanti a "Quel Nazareno”, “quell'uomo che muore/madre ho imparato l'amore”

mercoledì 15 febbraio 2023

Sanremo 2023

 Da anni non seguo più il festival di Sanremo.

Ricordo quando ero bambino di aver visto un festival di Sanremo in cui avevano invitato Louis Armstrong e sono stato veramente colpito: come vedere giocare Maradona in una partita tra scapoli e ammogliati. Ho capito che la musica era da un'altra parte. (Poi mi sono ricreduto, c'era del buono anche nella cosiddetta musica leggera)

Non ho mai concepito una competizione tra canzoni. Un po' perchè non amo la competizione in generale, un po' perchè la musica ti regala emozioni legati a certi momenti, che in altri stati d'animo ti possono dire poco.

Concordo totalmente con il personaggio di Nichetti che si è addormentato guardando il festival di Sanremo ed ha dorminto vent'anni. 

Non ho mai amato l'iltaliume pippobaudesco  che il festival rappresenta.

Quando ho saputo del ventilato intervento di Zelensky ho scritto una lettera al giornale Avvenire, perchè se è vero che "anche i Russi guardano Sanremo" e se è vero che l'obiettivo è la pace, allora la soluzione è dare spazio a tutte le voci soffocate in Russia che sono contrarie o almeno scettiche sulla guerra; non certo dare corda alla narrazione putiniana che vuole una Russia circondata da nemici e costretta ad invadere altri stati per difendersi.

La lettera è stata pubblicata  in un contesto più ampio

Non solo, il giornale ha continuato con questo articolo 

Purtroppo gli itagliacani hanno deciso di non seguire questi consigli, ma leggendo un intervento di Zelens'kyj a tarda ora hanno inviato i seguenti messaggi: Russi, siamo parte del mondo cattivo che vi circonda; Ucraini, stiamo con voi, ma senza impegnarci troppo. Doppia figura di palta.

Qui pongo i link alla canzone pacifista "antica" di Bulat Okudžava

https://www.youtube.com/watch?v=QRoSbZ5EuIQ

qui i link alle canzoni di  Jury Shevchuk

Su un episodio che poteva suggerici qualcosa sull'involuzione russa

Non sparate (citata nell'articolo)

e poi una dedicata a Putin Kirill Lavrov Medvedev Berlusconi Orsini ecc...

 

 


domenica 29 gennaio 2023

Prova ChatGPT

 Ieri sera, per puro passatempo ho provato a chiacchierare con ChatGPT

Sapendo che non dovevo chiedere su eventi relativi al 2022 non ancora caricati nel database, ho fatto una domanda relativa al 1967, che sebbene mi avesse colpito molto quand'ero ragazzino e fosse accaduta a pochi km da casa mia, ne avevano parlato per giorni la TV e tutti i giornali d'Italia:

Se avesse detto "Non lo so" e basta avrebbe fatto più bella figura, perchè avendo specificato 1967, che cosa doveva dire "negli anni passati..." e "cercare maggiori informazioni" ?

Provato a cercare con Google "1967 calciatore morto auto " ed ho ottenuto


Ho provato a chiedere una domanda abbastanza specialistica di etnomusicologia 


Se non avesse detto nulla avrebbe fatto più bella figura. Se non lo sai OK, ma perchè dire una fesseria?

Ho provato, sapendo di non avere risposte a chiedere le recensioni dei miei e-book

Poteva fermarsi alla prima frase. Mi ha fatto l'impressione dello scolaretto secchione interrogato che non sa, ma "deve dire qualcosa" e si rende antipatico ai compagni.


E qui siamo nel "non so cosa dire, ma dico qualcosa di politically correct, non si sa mai".

Mi è venuta in mente la commedia "La cantatrice calva" di E. Ionesco 

Mi sono consolato con 


 A questo e-book ci tengo tantissimo e non ha venduto praticamente nulla, ed ho avuto solo un giudizio positivo su un punto, da padre Bruno Castricini. Almeno ChatGPT ha apprezzato l'idea!

domenica 15 gennaio 2023

Spiriti sulla neve - mia ultima lettura

 

Non riuscendo a metterlo su Goodread.com recensisco qui la mia ultima lettura


Ho sentito la presentazione del libro e istintivamente ho pensato “Questo libro sarebbe piaciuto a Zia Luciana!”

La zia era stata per circa trent'anni impiegata presso il comune di Torino e per molto tempo segretaria di Guido Secreto, quando questi ricoprì le funzioni di vice-sindaco e di sindaco. La zia amava leggere romanzi, la storia, il Piemonte, gli “archivi” e conosceva bene come il fattore umano interveniva nei rapporti politici.

Il libro è un romanzo storico. Una storia romanzata, con molti personaggi veramente esistiti e richiami ad episodi reali. Vi sono brani – lettere - prese da documenti dell'Archivio Storico Torinese e riferiti in nota, ove copiati, ove riassunti.

La prima parte ci presenta il Forte diFenestrelle, usato allora sia come carcere sia come postazione di artiglieria: descrive il modo di vivere dei soldati e dei vari tipi di prigionieri.

Ci ricorda anche un dettaglio che la narrazione risorgimentale non tiene conto, ignorando la complessità di quei cinquant'anni di storia: cioè che la “vecchia” generazione dei risorgimentali qui in Piemonte era composta da molti ufficiali del Regno di Sardegna che erano di “scuola” napoleonica. La classe politica della restaurazione non poteva fare a meno di loro, un ufficiale di artiglieria non si forma in due giorni, ma neppure si fidava ciecamente. Gli ufficiali da un lato vivevano faticosamente il cambio del “regime”, tra loro erano sospettosi del “passato” dei colleghi e di esser loro stessi sospettati. Uno di questi è il colonnello Gaspare De Andreis, il protagonista, comandante del Forte.


Nella seconda parte incalza il racconto del “giallo” che ovviamente non dico, ma il lettore può facilmente immaginare.

Personalmente sono rimasto dispiaciuto per un'ombra molto negativa su Brofferio, personaggio che mi stava simpatico avendo sentito le sue canzoni “Me ritorn” “Metestament”. Ognuno ha i suoi lati oscuri.

Di striscio, cita positivamente Giulia di Barolo, guarda caso anche lei di scuola napoleonica, ma fa fare una brutta figura ai “preti”. Abituato ai “santi sociali” sono rimasto un po' di stucco, ma guardando le date, nel 1832 don Cottolengo era agli inizi della sua opera, don Cafasso non era ancora prete,don Bosco un ragazzo, Faa di Bruno e Murialdo bambini... e questi stessi “santi sociali” non ebbero vita facile nella chiesa torinese.

Più di una volta De Andreis dice di non aver tradito gli ideali di gioventù, ma che gli ideali non vanno perseguiti con gesti rivoluzioni eclatanti e inconcludenti o peggio, causa solo di morti inutili; piuttosto vanno realizzati in azioni concrete che lui intraprende ed io non sto a raccontare.

Penso che molti si siano dedicati alla politica ispirati da idee di grandi cambiamenti e poi si trovano a doversi occupare di temi apparentemente banali – soprattutto nella politica locale – ma sono proprio questi temi che toccano la quotidianità e la qualità della vita di tanti cittadini.

Ne posso dedurre che uno dei due autori si sia rispecchiato in De Andreis!

 

giovedì 12 gennaio 2023

Gatij Ëd Gòj


  Mazurka di Piergiorgio Graglia. Mio tentativo di vedere come funzionano i video nel blog

martedì 3 gennaio 2023

Effetto Dunning-Kruger a Betlemme

 


Per l'Epifania di quest'anno vorrei parlare del cosiddetto effetto Dunning-Kruger.

Ho riportato il grafico che solitamente illustra questo tema, facendo alcune personalizzazioni, ma senza toccare la linea rossa che traccia l'andamento della funzione. Vediamo sull'asse delle ascisse l'effettiva conoscenza di un certo argomento, su quello delle ordinate quanto una certa persona pensa di averne competenza.

Davanti ad un qualsiasi argomento totalmente ignoto, siamo nell'origine degli assi cartesiani. Se uno lo sente appena nominare, è consapevole non conoscerlo. Quando ne approfondisce appena la conoscenza si illude di saperne molto, ma inoltrandosi sempre di più nell'argomento scopre quanto questo sia vasto: diventa consapevole delle proprie lacune e sa che occorre tempo e lavoro per colmarle. Quindi, paradossalmente, chi ne sa solo un pochettino è convinto di padroneggiare l'argomento meglio di chi ne sa molto di più. È una situazione che dovrebbe essere ben nota a quell* che oggi si chiamano “recruiter”, ma non apro polemiche sotto le feste, anche perchè mi interessa parlare d'altro.

Già Socrate pare dicesse “so, perchè so di non sapere”, ma David Dunning e Justin Kruger fecero degli studi puntuali, con test sperimentali per avere valutazioni qualitative e quantitative su questo fenomeno. Per tali studi e la pubblicazione del saggio Unskilled and Unaware of It: How Difficulties in Recognizing One's Own Incompetence Lead to Inflated Self-Assessments nel 2000 furono insigniti del premio satirico Ig Nobel, ma a me pare che questo sia un argomento molto serio.

Torniamo Betlemme. La linea nera che ho aggiunto nel grafico, incrocia la rossa nei punti che rappresentano chi è presente davanti a Gesù Bambino: si trova in basso abbastanza nell'asse delle ordinate. 

I Pastori, solitamente considerati una classe modesta e ignorante, hanno un'unica informazione, l'annuncio degli angeli e vanno dove viene loro indicato. Nel presepe non ci sono scribi, farisei, sadducei e altri rappresentati della upper-middle-class di allora, che per aver sentito qualcosa della Torà e fatto qualche abluzione si credono a posto. Ci sono i magi, dei saggi che spingendosi nella ricerca del significato dell'esistenza, diventano consapevoli della finitezza del loro sapere di fronte all'immensità del Mistero dell'Essere e sono disposti alla fatica di un lungo viaggio

mercoledì 14 dicembre 2022

The Myth Of Meritocracy– mia ultima lettura

 

Ho terminato la lettura di THE MYTH OF MERITOCRACY. 


L'ho letto in un lasso di tempo molto lungo, sullo smartphone nei tempi di attesa (tram, dentista ecc...) e il testo è in inglese. Ammetto di essermi perso qualcosa. Alcune considerazioni.

  1. Non sapevo l'origine del termine “meritocrazia” che alcuni usano come avesse un senso ovviamente positivo, mentre qualcuno più saggio ha qualche riserva (cliccare qui dal minuto 2e 50 secondi): Ebbene questo termine deriva da un racconto distopico

  2. La situazione descritta è orientata al mondo inglese. In particolare i valori statistici sono legati a quella nazione. Con le dovute differenze – sistema scolastico, governi che si sono succeduti, ecc... - la situazione italiana non è molto diversa.

  3. Verso la fine ci sono due critiche alla sinistra, che non spostano ovviamente a destra le simpatie dell'autore e del lettore. Critica la divisione: sinistra ci prendiamo le battaglie culturali (anti-razzismo, LGBT+, femminismo, ecc...) e la destra si prende l'economia

  4. L'altra critica è all'idea dei New Labour di puntare sull'uguaglianza di opportunità. Questa è molto utopica, perché sorge da una visione astratta della vita. Non è come una roulette che non ha memoria dei risultati passati (nonostante i cretini che giocano i “ritardi”) ma tiene conto di tutta una storia personale accumulata. Lo stesso “treno che passa” uguale davanti a tutti, ci sarà chi riuscirà a salire facilmente e chi no.

  5. L'altra cosa che mi ha colpito molto, è spiegata nelle ultime pagine. L'ideologia dell'american dream - ma che ha coplito anche oltre oceano - secondo la quale ci sono opportunità per tutti, basta impegnarsi e saperle sfruttare, fa sì anche il povero si senta “temporaneamente” povero, il disoccupato “temporaneamente” disoccupato, e così via. Questo fa sì che non si cerchi un'uguaglianza nel soddisfacimento dei bisogni basilari, ma addirittura il poveraccio guardi con sospetto la progressività fiscale (che lo aiuterebbe) temendo che “se un giorno diventassi ricco...”