Avevo in mente una serie di post dedicati a personaggi esterni al mondo dello sviluppo software, ma che in qualche modo hanno seguito i valori e principi dell' agile manifesto. Mi interessa raccontare che esiste una saggezza umana, una "sapientia cordis" con cui affrontare la realtà, anche lo sviluppo del software.
Contravvenendo alla scaletta che mi ero fatto ho pensato di cominciare con don Giussani, per farlo quasi coincidere con l'anniversario della sua scomparsa (come sul dirsi, perchè è più che mai presente!).
Non starò a dilungarmi sul "Responding to change over following a plan" : sono molte le citazioni di don Giussani in cui lui afferma di non aver mai voluto "fondare" nulla, ma di aver obbedito al Carisma. Ancor più citazioni sull' "aderire alle circostanze".
Invece per quanto riguarda il principio "The most efficient and effective method of conveying information .... is face-to-face conversation" vorrei citare un episodio personale. Don Giussani l'avevo visto alcune volte mentre parlava da un palco, ma a pochi metri di distanza, a faccia a faccia, mi capitò di incontrarlo a New York.
Sapevo che sarebbe andato lì, ad incontrare le comunità di CL allora nascenti e di cui facevano parte soprattutto ragazzi italiani andati in USA a fare dei Master o vari corsi si specializzazione. Io avevo appena finito una parte della mia attività lavorativa in Pennsylvania (vedi post) Presi qualche giorno di ferie prima del ritorno in Italia e mi fermai a New York.
Per farla breve, ad uno dei tanti incontri che don Giussani tenne in città, un tale chiese la ragione del trovarsi per la "Scuola di comunità". Non bastava, diceva questo ragazzo, assegnarsi un testo e studiarselo singolarmente? Cosa serviva trovarsi in gruppo ad intervalli regolari per approfondire la comprensione ed il confronto su quanto stiamo vivendo?
La risposta di don Giussani non la ricordo nei minimi dettagli, ma un discorso simile al suo l'ho letto in seguito, in The Scrum Primer di Pete Deemer, Gabrielle Benefield, Craig Larman, Bas Vodde, quando viene criticato l'approccio waterfall. La stesura di un documento scritto prevede un passaggio di astrazione rispetto alla realtà e la sua lettura aggiunge un altro passo di astrazione. Quindi non si ha nessuna garanzia che il messaggio sia capito e compreso senza essere frainteso. Occorre (anche) parlarsi. Inoltre, secondo altri autori, la miglior forma di comunicazione è quella verbale supportata da schizzi/ schemi... e l'immagine di don Gius più famosa è sicuramente questa.
(e poi il cristianesimo è un incontro!)
"Giovane di lungo corso" si riferisce ad una battuta che pare abbia fatto l'on. Bersani. A chi gli diceva di fare spazio ai giovani nel partito lui rispose "Ci vogliono sì giovani, ma giovani di lungo corso!" Non è un blog di politica in senso stretto. Seguendolo si capirà perchè io mi sento un giovane di lungo corso.
domenica 20 febbraio 2011
Agile senza saperlo: 1 - Don Giussani
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domenica 13 febbraio 2011
Varie ed eventuali
Sono stato un po' lontano dal blog e riassumo velocemente alcuni punti degli eventi di questi giorni (con qualche nesso con il tema che vorrei emergesse dal blog).
Management 3.0Mi è arrivato il libro Management 3.0 di J.Appelo (che ringrazio ancora) e mi accingo a leggere.
Decimo anniversario dell'Agile Manifesto.
Sono già passati 10 anni, ed in Italia continua ad essere una novità o una stranezza per hobbisti, senza impatto sulle grandi aziende. Povera Italia!
Anniversario delle morte di Eluana.
Che c'entra con questo blog? C'entra con il post Project management esistenziale. Un incidente così grave, secondo la definizione classica, porterebbe a considerare il "progetto esistenza" = fallito . Ma secondo una definizione più "complessa"? Per quanto riguarda "la soddifazione personale e l'eccellenza tecnica" è un mistero che conosce solo lei e su cui nessuno può dire nulla. Ma per quanto riguarda il beneficio che apporta all'organizzazione, (il ROI) questo episodio ha messo a dura prova, anzi ha fatto affrontare la massima prova, che una qualsiasi organizzazione può affrontare "La capacità di accogliere ed integrare il diverso" e l'ha fatto nel modo più duro che si possa immaginare. Siccome secondo me l'integrazione del diverso è la chiave di sopravvivenza di una civiltà, tornerò su questo tema. Da questo test, la vicenda di Eluana , la società italiana, non mi pare uscita bene.
Berlusconi.
A parte le varie considerazioni che vorrei fare (Ha ragione Violante!) ce n'è una correlata con questo blog. Possibile che un uomo potente, ricco etc... si diverta peggio che un marinaio sbarcato in un porto dopo mesi di navigazione? Forse conviene ridefinire il concetto di successo.
Egitto e Tunisia.
Mi sento fraternamente legato al popolo tunisino ed egiziano in questi loro giorni pieni di difficoltà speranze e paure. Ero stato per lavoro in Tunisia nel 1996 e ne avevo avuto un impressione ottima. La gente, soprattutto i giovani e i cittadini, parlano normalmente francese e arabo, in più molti imparavano l'inglese e l'italiano. Gente sveglia e istruita. Anche dalle statistiche si vede che è una generazione ad una scolarità molto alta in assoluto, ed in particolare nel mondo arabo. Eppure le prospettive di lavoro sono bassissime, inadeguate allo studio. In questo mi sento loro fratello: anch'io laureato, 30 e più anni di lavoro di discreto livello, oggi ho uno status sociale minore di quello di un bidello.
Dell'Egitto: ho avuto l'onore di ascoltare alcuni anni fa una "lezione" del prof. Wael Farouq . Mi ha fatto cadere molti pregiudizi che avevo nei confronti degli islamici. Pensavo che, "bloccati" dal Corano, gli islamici fossero magari anche persone pie e guidate ad una vita onesta, ma non "colte", come i maestri Zen o i vari "dottori della Chiesa" e loro discepoli. Mi ha fatto ricredere. Ora ho letto avidamente le sue interviste che sono riuscito a trovare sui fatti di questi giorni. Immancabilmente redarguisce l'occidente per la sua doppiezza, ambiguità, calcolo degli interessi di bottega sulla pelle dei popoli. (Lo fa in modo molto elegante, me è così).
Ha ragione Pagheremo caro, pagheremo tutto!
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martedì 25 gennaio 2011
Dalla fabbrica senza operai all'azienda senza capi?
In due miei post precedenti (1 e 2) avevo raccontato delle mie esperienze nella factory automation (e in quegli anni era anche trandy la voce office automation).
Abbiamo visto, e magari ci tornerò, che la factory automation, non ha dato i risultati che allora ipotizzavo: ancora morti sul lavoro, i nuovi lavori nel terziario non così qualificanti, la globalizzazione...
E ecco al titolo del post, volutamente provocatorio: in relatà io non ho nulla di social-proletario rivoluzionario velleitario che direbbe "licenziando un manager si salverebbe il posto a tanti operai..." e imitando baffone "quanta sensoristica serve per sostituire un manager?"
Mi metto nei panni di un investitore: vorrei il massimo del ritorno dei miei investimenti. Mi accorgerei che probabilmente dovrei intervenire sul modello organizzativo, e questo non costerebbe nulla in termini di hardware (se non qualche libro o partecipazione a corsi).
Un modello che mi pare interessante è Martie the management model riportato nel libro management3 0 di Jurgen Applelo, anche se devo ammettere, il libro non l'ho ancora letto.
Ritengo che il modello comando-controllo, possa andar bene per prodotti assodati ed immutabili o, forse, per gestire brevi emergenze. Ma si può produrre innovazione con un modello aziendale che si ispira all'esercito napoleonico?
Vi sono imprenditori che si appellano al principio di sussidiarietà nei confronti dello stato e della sua invadente burocrazia: è corretto, ma all'interno della loro realtà produttiva questo principio è implementato?
I manager rimarranno sempre, ma il loro ruolo sarà notevolmente diverso e, spero per loro, più interessante
Abbiamo visto, e magari ci tornerò, che la factory automation, non ha dato i risultati che allora ipotizzavo: ancora morti sul lavoro, i nuovi lavori nel terziario non così qualificanti, la globalizzazione...
E ecco al titolo del post, volutamente provocatorio: in relatà io non ho nulla di social-proletario rivoluzionario velleitario che direbbe "licenziando un manager si salverebbe il posto a tanti operai..." e imitando baffone "quanta sensoristica serve per sostituire un manager?"
Mi metto nei panni di un investitore: vorrei il massimo del ritorno dei miei investimenti. Mi accorgerei che probabilmente dovrei intervenire sul modello organizzativo, e questo non costerebbe nulla in termini di hardware (se non qualche libro o partecipazione a corsi).
Un modello che mi pare interessante è Martie the management model riportato nel libro management3 0 di Jurgen Applelo, anche se devo ammettere, il libro non l'ho ancora letto.
Ritengo che il modello comando-controllo, possa andar bene per prodotti assodati ed immutabili o, forse, per gestire brevi emergenze. Ma si può produrre innovazione con un modello aziendale che si ispira all'esercito napoleonico?
Vi sono imprenditori che si appellano al principio di sussidiarietà nei confronti dello stato e della sua invadente burocrazia: è corretto, ma all'interno della loro realtà produttiva questo principio è implementato?
I manager rimarranno sempre, ma il loro ruolo sarà notevolmente diverso e, spero per loro, più interessante
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domenica 16 gennaio 2011
Animali anni '80
Avevo in mente un altro post, ma non ho il tempo di prepararlo. Per lasciare comunque sempre vivo il blog prendo questo stralcio da un altro manufatto testuale. Siccome prevedo che questo manufatto testuale non arriverà alla fine, almeno nel breve, ritaglio quanto segue, (ricordando che ho saltato tutta la digressione su individuo-branco, doverosa visto che non sono un seguace di Marvin Minsky):
Negli anni 80 andava di moda un testo che vidi affisso in alcuni uffici. Sostanzialmente diceva
“In Africa ogni mattina un leone sa che se vuole mangiare, deve catturare una gazzella e per farlo deve correre. Una gazzella sa che se vuole salvarsi dal leone deve correre, quindi che tu sia leone o che tu sia gazzella, se vuoi sopravvivere comincia a correre”.
Non ho mai avuto un buon rapporto con gli animali. Quei cosi semoventi, di cui non capisco chi tenga il telecomando, mi hanno sempre ispirato poco. La mia cultura zoologica si ferma agli “strano ma vero” e “...forse non tutti sanno che” de La Settimana Enigmistica. Eppure quella storia mi sembrava scientificamente sbagliata e quindi sbagliata anche nella morale.
I grandi predatori prima di lanciarsi nella corsa se ne stanno bene acquattati a scrutare il branco per selezionare la preda, che non é quella più grande e florida, ma al contrario, quella che presumibilmente lo farà correre di meno: la caccia deve concludersi massimizzando il guadagno energetico.
Il branco invece, con il dispiacere per la perdita del singolo erbivoro, da un lato tende a proteggere i piccoli e le madri gravide, dal altro può avere un vantaggio a perdere un elemento che potenzialmente malato e quindi infetto. Un amico zoofilo mi ha spiegato che nei ripopolamenti di animali delle nostre aree protette, dove la catena alimentare non é completa, la mancanza di predatori ha come conseguenza una maggior diffusione di epidemie nei branchi.
Quel testo va così riscritto.
“E' mattino presto: Un leone, nascosto, sta scrutando un branco per scegliere quale individuo sarà più facile raggiungere, senza dover sfiancarsi a correre. Un branco di gazzelle, sentendo la presenza di un leone, cerca di proteggere i piccoli lasciando isolati gli individui meno sani.
Se sei leone: osserva bene e rifletti prima di correre.
Se sei un branco, non puoi tenere tutto: devi concentrarti solo sull'essenziale, lasciando perdere quello che potrebbe diventare per te una zavorra.
Ma sei un essere umano. L'Umanità ha ideato le Tecnologie affinché quello che sprecheresti oggi diventi una risorsa domani. L'Umanità ha inventato la Cultura affinché i tuoi talenti siano utili a tutti e le tue lacune siano colmante dal talento altrui. Rassegnati, non siamo fatti per correre, ma per camminare insieme.
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domenica 9 gennaio 2011
La fabbrica senza operai
Ritorno all'argomento di un mio post precedente, di quando negli anni '80 mi occupavo di Computer-integrated manufacturing (CIM). Allora si parlava di "fabbrica senza operai".
Il nostro senso etico si ribellava a masse di disoccupati sostituiti da CNC, Robot, trasloelevatori, PLC e sensoristica varia, tutti guidati da un computer collegato ad un mainframe...
Sapevamo che i lavori facilmente eliminabili dall'automazione erano di per se lavori ripetitivi, alienanti e talvolta posti in ambienti malsani. Il valore aggiunto di una produzione "capital intensive" anzichè "labour intensive" avrebbe creato possibilità di nuovi impieghi nel terziario.
Allora pensavamo che "terziario" avesse voluto dire assistenza agli anziani e disabili, valorizzazione del patrimonio artistico... e non pensavamo di certo che i posti creati nel terziario fossero da risponditori di call center!
Ma mai e poi mai ci sarebbe passato per la testa che più dell'automazione avrebbe potuto la globalizzazione: la riduzione dei costi si sarebbe ottenuta portando il lavoro in luoghi dove il lavoro era meno oneroso e la nocività della produzione, portando il lavoro dove non esistono o non vengono rispettati regolamenti in merito.
Ma mai e poi mai mi sarebbe venuto in mente un altro argomento che, almeno qui in Italia, non è venuto in mente pare a nessuno. Quale? Altra puntata.
Il nostro senso etico si ribellava a masse di disoccupati sostituiti da CNC, Robot, trasloelevatori, PLC e sensoristica varia, tutti guidati da un computer collegato ad un mainframe...
Sapevamo che i lavori facilmente eliminabili dall'automazione erano di per se lavori ripetitivi, alienanti e talvolta posti in ambienti malsani. Il valore aggiunto di una produzione "capital intensive" anzichè "labour intensive" avrebbe creato possibilità di nuovi impieghi nel terziario.
Allora pensavamo che "terziario" avesse voluto dire assistenza agli anziani e disabili, valorizzazione del patrimonio artistico... e non pensavamo di certo che i posti creati nel terziario fossero da risponditori di call center!
Ma mai e poi mai ci sarebbe passato per la testa che più dell'automazione avrebbe potuto la globalizzazione: la riduzione dei costi si sarebbe ottenuta portando il lavoro in luoghi dove il lavoro era meno oneroso e la nocività della produzione, portando il lavoro dove non esistono o non vengono rispettati regolamenti in merito.
Ma mai e poi mai mi sarebbe venuto in mente un altro argomento che, almeno qui in Italia, non è venuto in mente pare a nessuno. Quale? Altra puntata.
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martedì 28 dicembre 2010
Project management esistenziale
Secondo il PMBOK un progetto deve avere le seguenti caratteristiche:
- essere delimitato nel tempo: non importa quanto, ma deve avere un inizio ed una fine (cap 1.2.1)
- deve avere un carattere di unicità. (cap 1.2.2)
- essere delimitato nel tempo: non importa quanto, ma deve avere un inizio ed una fine (cap 1.2.1)
- deve avere un carattere di unicità. (cap 1.2.2)
Anche l'esistenza di ognuno di noi ha queste caratteristiche.
1)realizza i requisiti
2)nei tempi previsti
3)con il budget previsto.
Sempre nell'ambito del Project management, alcuni autori ( vedi The Art of Agile Development James Shore and Shane Warde) contestano questo approccio che sa tanto di “l'operazione è riuscita ma il paziente è morto".
Il successo di un progetto è dato da un mix di fattori, non incompatibili fra loro: soddisfazione personale, eccellenza tecnica, valore aggiunto per l'organizzazione.
Se, come abbiamo appena detto, la nostra esistenza ha le caratteristiche di un progetto, quale potrebbe essere la definizione di successo? Quella classica del PMBOK (diploma a 19 anni con la votazione di almeno xxx, laurea a ... con la votazione di almeno ..., lavoro entro ... mesi, promozione entro .... e via discorrendo)? Se avessi adottato questa metrica avrei già dovuto spararmi un colpo diverse volte. Purtroppo a molta gente tale balzana idea viene in mente.
Più interessante è tentare di applicare la seconda metrica. Applicare questi indicatori alla vita personale (soddisfazione personale, eccellenza nelle attività quotidiane e valore aggiunto per le persone che ci stanno intorno) non è affatto impossibile in qualsiasi situazione umana, anzi rende la vita più avvincente.
Se di quest'anno non invio altri post, buon anno!
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lunedì 20 dicembre 2010
Perchè ho votato John Lasseter, Pixar.
Nella classifica promossa da ilsole24ore su dieci migliori innovatori del decennio ho votato, per John Lasseter, Pixar.
E' molto difficile valutare il peso delle innovazioni. Nella storia della scienza vi sono fuochi di paglia e scoperte "carsiche". Pensiamo alla storia dell'algebra di Boole o degli esperimenti di Mendel, e rivediamoci tra cent'anni.
Inoltre, il Cigno Nero insegna che esiste una buona dose di casualità nell'eccezionalità di certi risultati.
La genialità della Pixar è nell'innovazione delle trame delle storie a lieto fine. In tali storie veniva abitualmente premiato l'individuo che si impegna a fondo con correttezza, quindi la sua caparbietà, tenacia, intelligenza, audacia ... mentre con sue storie la Pixar sottolinea l'importanza di avere delle relazioni positive, a volte ottenute con fatica e rinuncia della propria istintività.
Riconoscere questa interdipendenza è vitale anche nella ricerca scientifica e tecnologica. Questo mi pare il punto in cui la serva Italia ha le maggiori carenze, prima ancora che dei finanziamenti.
Nel film Cars poi c'è un richiamo esplicito all'approccio agile nei progetti. L'obiettivo era vincere la Piston Cup, ma siccome succede "altro" (cioè la scena principale del film) tutti gli spettatori, giornalisti, cameramen... si spostano altrove e il vincitore si trova da solo senza nessuno che lo consideri. Occore "agilità" nel ritarare rapidamente gli obiettivi all'evolvere del contesto, anche questa è una lezione data dalla Pixar.
E' molto difficile valutare il peso delle innovazioni. Nella storia della scienza vi sono fuochi di paglia e scoperte "carsiche". Pensiamo alla storia dell'algebra di Boole o degli esperimenti di Mendel, e rivediamoci tra cent'anni.
Inoltre, il Cigno Nero insegna che esiste una buona dose di casualità nell'eccezionalità di certi risultati.
La genialità della Pixar è nell'innovazione delle trame delle storie a lieto fine. In tali storie veniva abitualmente premiato l'individuo che si impegna a fondo con correttezza, quindi la sua caparbietà, tenacia, intelligenza, audacia ... mentre con sue storie la Pixar sottolinea l'importanza di avere delle relazioni positive, a volte ottenute con fatica e rinuncia della propria istintività.
Riconoscere questa interdipendenza è vitale anche nella ricerca scientifica e tecnologica. Questo mi pare il punto in cui la serva Italia ha le maggiori carenze, prima ancora che dei finanziamenti.
Nel film Cars poi c'è un richiamo esplicito all'approccio agile nei progetti. L'obiettivo era vincere la Piston Cup, ma siccome succede "altro" (cioè la scena principale del film) tutti gli spettatori, giornalisti, cameramen... si spostano altrove e il vincitore si trova da solo senza nessuno che lo consideri. Occore "agilità" nel ritarare rapidamente gli obiettivi all'evolvere del contesto, anche questa è una lezione data dalla Pixar.
domenica 12 dicembre 2010
Bon Natal!
J bërgé, ciamà da j angej, a son davzin a la balma 'd Betlem andoa a-j è ël Bambin con la Madona e San Giusép.
Antant che a son ën contemplassion, ringrassiand l'Altissim, quaicadun a comenta:
“Che bela masnà! A smija tut a soa mare!”,
“Për fòrsa, a lo dis ël proverbi : j fieuj a matriso e le fije a patriso”
“Për boneur ch' a l'è naje 'n cit, a fussa staita 'na cita a s-podria gnanca vëdde!"
Antant che a son ën contemplassion, ringrassiand l'Altissim, quaicadun a comenta:
“Che bela masnà! A smija tut a soa mare!”,
“Për fòrsa, a lo dis ël proverbi : j fieuj a matriso e le fije a patriso”
“Për boneur ch' a l'è naje 'n cit, a fussa staita 'na cita a s-podria gnanca vëdde!"
mercoledì 8 dicembre 2010
Verba volant Scripta manent Res mutant.
We know that the most efficient and effective method of conveying critical information is face to face conversation. In some agile books or web pages, we can read that a written report may be just useful for who writes it, to be able to say “I've done my job” or “I've told that!” after. But a written report may be misunderstood, “slow” in the flow of the info...
Some authors (http://justwriteclick.com/2007/08/01/making-the-documentation-cruft-calculation-more-user-friendly/) talk about the CRUFT index of a text. By those discussions we can understand that a text could be NOT-read by who should read it, or misunderstood or not trusted.
That is in our world of software developers. And in the diplomacy?
The wikileaks affair shows that or the reports don't hold critical information or diplomacy ins't agile.
Does diplomacy need any agile coachers?
(mi scuso con i meie eventuali lettori del post precedente, se ho interrotto il discorso e penso che non lo riprenderò nemmeno nel prossimo)
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domenica 5 dicembre 2010
Ai tempi del PDP11
http://en.wikipedia.org/wiki/Computer-integrated_manufacturing
Queste foto risalgono al 1984 e si riferiscono ad un Flexible Manufacturing System . Si trattava di un'area di uno stabilimento di compressori ,con 5 macchine a controllo numerico, un robot di lavaggio, una stazione per il carico grezzi/scarico semilavorati ed un buffer per i contenitori dei semilavorati. Venivano prodotti contemporaneamente 12 particolari diversi. Il tutto era gestito da un computer (su cui ho lavorato insieme ad altri colleghi) che gestiva praticamente tutto: monitorava la linea, schedulava la produzione dei pezzi, inviava l'atrezzo alla macchina, inviava i programmi ai controlli numerici, verificava che sul CN fossero montati gli atrezzi corretti, gestiva il buffer e la stazione di carico scarico, comunicava l'avanzamento della produzione ad un host... insomma in più di trent'anni di lavoro mai visto un sistema più complesso e completo di quello, tenendo conto che il computer era un PDP11, (di cui in foto compare un terminale VT100) macchina a 16 bit, con meno di 1 Mega di RAM. Siccome noi italiani (COMAU) avevamo venduto l'intero sistema agli americani (!), ricordo il mio viaggio in USA portandomi come bagaglio a mano la borsa che usavo per andare in piscina, quasi completamente riempita da un disco da 10 Mega!

Altri tempi! Ma non è un post nostalgico o di archeologia industriale, è solo un'introduzione al mio prossimo post
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lunedì 29 novembre 2010
MECT HET !

Ipotizziamo di dare questa foto ad uno dei soliti noti commentatori, non importa il versante ideologico, se torinese o bergamasco o campano .... sicuramente spiegherà quanto sono cretini quei personaggi in fila che attendono per un prodotto di scarso valore. E lo spiegherà con una dovizia lessicale ed una perizia retorica che io non riuscirei nemmeno ad immaginare. Magari si lancerà in commenti ironici sulle scarpe rosa della signora, con il suo vestito poco in tono ...
Io invece vorrei che qualcuno spostasse l'obiettivo sull'altro cartello, un po' più in basso e di lato. Si accorgerebbe che non sono caratteri latini, quindi forse la chiave d'interpretazione è un'altra (quarda caso questo cartello è intitolato “informazia”). La lettura in cirillico fa capire che quei personaggi non sono poi così pazzi!
L'errore interpretativo causato da una parola in cirillico immaginandosela scritta con i caratteri latini era già stata usata da don Giussani, in un discorso più “alto” del mio. Ma, con tutto il rispetto per don Giussani, il mio esempio è più bello!
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