Non riuscendo a metterlo su
Goodread.com recensisco qui la mia ultima lettura
Ho sentito la presentazione del libro e
istintivamente ho pensato “Questo libro sarebbe piaciuto a Zia
Luciana!”
La zia era stata per circa trent'anni
impiegata presso il comune di Torino e per molto tempo segretaria di
Guido Secreto, quando questi ricoprì le funzioni di vice-sindaco e
di sindaco. La zia amava leggere romanzi, la storia, il Piemonte, gli
“archivi” e conosceva bene come il fattore umano interveniva nei
rapporti politici.
Il libro è un romanzo storico. Una
storia romanzata, con molti personaggi veramente esistiti e richiami
ad episodi reali. Vi sono brani – lettere - prese da documenti
dell'Archivio Storico Torinese e riferiti in nota, ove copiati, ove
riassunti.
La prima parte ci presenta il Forte diFenestrelle, usato allora sia come carcere sia come postazione di
artiglieria: descrive il modo di vivere dei soldati e dei vari
tipi di prigionieri.
Ci ricorda anche un dettaglio che la
narrazione risorgimentale non tiene conto, ignorando la complessità
di quei cinquant'anni di storia: cioè che la “vecchia”
generazione dei risorgimentali qui in Piemonte era composta da molti
ufficiali del Regno di Sardegna che erano di “scuola”
napoleonica. La classe politica della restaurazione non poteva fare a
meno di loro, un ufficiale di artiglieria non si forma in due giorni,
ma neppure si fidava ciecamente. Gli ufficiali da un lato vivevano
faticosamente il cambio del “regime”, tra loro erano sospettosi
del “passato” dei colleghi e di esser loro stessi sospettati. Uno
di questi è il colonnello Gaspare De Andreis, il protagonista,
comandante del Forte.
Nella seconda parte incalza il racconto
del “giallo” che ovviamente non dico, ma il lettore può
facilmente immaginare.
Personalmente sono rimasto dispiaciuto
per un'ombra molto negativa su Brofferio, personaggio che mi stava
simpatico avendo sentito le sue canzoni “Me ritorn” “Metestament”. Ognuno ha i suoi lati oscuri.
Di striscio, cita positivamente Giulia
di Barolo, guarda caso anche lei di scuola napoleonica, ma fa fare
una brutta figura ai “preti”. Abituato ai “santi sociali”
sono rimasto un po' di stucco, ma guardando le date, nel 1832 don
Cottolengo era agli inizi della sua opera, don Cafasso non era ancora
prete,don Bosco un ragazzo, Faa di Bruno e Murialdo bambini... e
questi stessi “santi sociali” non ebbero vita facile nella chiesa
torinese.
Più di una volta De Andreis dice di
non aver tradito gli ideali di gioventù, ma che gli ideali non vanno
perseguiti con gesti rivoluzioni eclatanti e inconcludenti o peggio,
causa solo di morti inutili; piuttosto vanno realizzati in azioni
concrete che lui intraprende ed io non sto a raccontare.
Penso che molti si siano dedicati alla
politica ispirati da idee di grandi cambiamenti e poi si trovano a doversi
occupare di temi apparentemente banali – soprattutto nella politica
locale – ma sono proprio questi temi che toccano la quotidianità e la
qualità della vita di tanti cittadini.
Ne posso dedurre che uno dei due autori
si sia rispecchiato in De Andreis!