lunedì 16 agosto 2021

Redditi di cittadinanza - Introduzione


In questo periodo, prima che i notiziari e social si dedicassero a notizie più gravi, si era aperta una discussione molto animata sul tema del reddito di cittadinanza. Piccola introduzione:

Nel 1997 circa, dopo anni di lavoro su progetti “chiavi in mano” ebbi la sfortuna di finire in body rental presso la FIAT di via Caraglio / via Issiglio. Ora quegli edifici non esistono più, li hanno abbattuti per farne case ad uso abitativo.

Rimasi nell’azienda che mi aveva mandato lì, solo perché la situazione familiare al contorno era difficile, ma in un contesto diverso avrei detto “O mi cambiate incarico o rassegno le dimissioni” e poi avrei cercato qualcosa in Italia o paesi anglofoni, possibilmente Olanda.

Mi aveva stupito la quantità di tempo sprecato in quel contesto aziendale. Non che fossero fannulloni, ma non concludevano niente per 40 e spesso 50 o più ore settimanali. Non avevo ancora letto “Bullshit Jobs” di David Graeber (lui non lo aveva ancora scritto!) 

Io  avevo classificato tre categorie di nullafacenti più una

I Diluitori

Diluitori perché la loro attività pratica era diluita nel tempo. In una settimana portavano a termine attività che ad una persona normale richiedevano una giornata, max una giornata e mezza. Passavano il tempo in pettegolezzi, riunioni e post-riunioni informali, soprattutto si fermavano a sera fino a tardi o andavano al sabato mattina anche se non si facevano pagare lo straordinario, perché dovevano essere presenti quando “accadevano le cose”. Il loro skill era la dedizione al loro “ramo” nell’albero della gerarchia aziendale che non necessariamente coincideva con l’organigramma ufficiale. Dovevano essere al corrente di dimissioni, assunzioni, promozioni, ristrutturazioni e nuovi progetti che partivano, e loro si attivavano per farne parte, non perché il progetto interessasse: piaceva partecipare ai Kick-off meeting, era un bell’argomento di conversazione per cui pavoneggiarsi. Poi, a progetti avviati, si facevano togliere lasciando le rogne agli altri.

Le bestie da soma

Si beccavano ordini del tipo “per le cinque deve essere pronto XXX e datevi da fare!” Ovviamente era pronto, ma “Ah si boh, vediamo poi domani” e domani “ah non era da fare così, veramente serviva cosà…” Insomma gente che si dava anche da fare, ma per come era organizzata la baracca, quello che facevano non dava risultati adeguati allo sforzo

I Boicottatori

Cioè i capi, quelli che davano gli ordini di cui sopra. Di più: essendo in una struttura meritocratica, cioè basata sul giudizio ad personam, non favorivano il lavoro in team, facendo scoprire tante volte l’acqua calda, creando conflittualità o almeno interrompendo canali di comunicazione tra pari  che avrebbero risolto i problemi "quando erano ancora piccoli"

C’erano poi quelle che io definivo “le mamme" o "donne che lavorano” in cui mi ci mettevo anch’io, poiché se come sesso mi identifico totalmente in quello maschile, come gender, cioè inclinazioni e atteggiamenti che un certo milieu culturale in un certo periodo storico assegna ad un certo sesso, io mi considero più donna. Cercavamo di fare le otto ore giuste, perché a casa ci aspettavano altre incombenze, non un minuto di più, ma in queste ore smaniavamo per completare la to do list delle attività, in modo di aver finito tutto per la sera: ci reandevamo antipatiche.

Mi domandavo che senso avesse per un’azienda che dovrebbe badare agli utili, tenere tanta gente a non realizzare nulla. Ne parlavo con una collega e lei diceva che comunque erano stipendi, quindi famiglie che mangiavano, quindi lavoro per i negozianti ecc… Ma, visto che di fatto la FIAT (al tempo di Romiti) era puntellata dello stato, la stessa cosa poteva ottenersi pagando pensioni a tutti: magari qualcuno nel tempo liberoavrebbe potuto assistere ai vecchi, ai malati terminali o sistemare il verde pubblico spesso degradato ecc..: non è che non ci fosse nulla da fare nel mondo! Perché la società nel suo insieme è disposta a pagare per lavori inutili mentre non ha le risorse per fare quello che serve, anzi quello che serve spesso è fatto dal “volontariato”? (non avevo ancora letto Graeber che ipotizza risposte)

La metafora della buca keynesiana  non mi piaceva. Per pagare uno per scavare buche e un altro per richiuderle, tanto vale pagarli perché facciano nulla, almeno non alzano polvere, non fanno rumore.

Non amo il Reddito di cittadinanza, ma perché, secondo certi commentatori è così grave “sdraiarsi sul divano di casa”e  invece è bene  parlare per ore di Juve e Ferrari, delle corna del ragionier Vattelapesca… purchè nell’opificio?  Il problema è che il valore del lavoro, purtroppo nella società non viene valutato per l’utilità del prodotto realizzato o per il servizio erogato. Allora avevo il sospetto che il primo scopo del lavoro fosse tenere impegnate le masse: come se le elite avessero chissà che coda di paglia e temessero che se la gente avesse più tempo libero chissà quali depravazioni potrebbe compiere.

Sta di fatto che il valore del lavoro nella meritocrazia-individualista di cultura torinese, sta nel sacrificio (bruciare la risorsa tempo nel tempio-azienda): il capo si sentirà nei panni di Dio nel giorno del giudizio e saprà premiare chi avrà sofferto per la dedizione alla cordata inter-aziendale. Mi piacerebbe che costoro si recassero in un ristorante, non gli portassero nulla se non un conto salatissimo da pagare. Ad eventuali rimostranze il cuoco facesse vedere ustioni di olio bollente sugli avambracci, escoriazioni da grattugia sulle mani, dita fasciate per tagli… Ecco ho sofferto tanto, devi pagarmi per questo!

 Ma non è finita qui....