domenica 20 febbraio 2011

Agile senza saperlo: 1 - Don Giussani

Avevo in mente una serie di post dedicati a personaggi esterni al mondo dello sviluppo software, ma che in qualche modo hanno seguito i valori e principi dell' agile manifesto. Mi interessa raccontare che esiste una saggezza umana, una "sapientia cordis" con cui affrontare la realtà, anche lo sviluppo del software. 
Contravvenendo alla scaletta che mi ero fatto ho pensato di cominciare con don Giussani, per farlo quasi coincidere con l'anniversario della sua scomparsa (come sul dirsi, perchè è più che mai presente!).

Non starò a dilungarmi sul "Responding to change over following a plan" : sono molte le citazioni di don Giussani in cui lui afferma di non aver mai voluto "fondare" nulla, ma di aver obbedito al Carisma. Ancor più citazioni sull' "aderire alle circostanze".
Invece per quanto riguarda il principio "The most efficient and effective method of  conveying information .... is face-to-face conversation" vorrei citare un episodio personale. Don Giussani l'avevo visto alcune volte mentre parlava da un palco, ma a pochi metri di distanza, a faccia a faccia, mi capitò di incontrarlo a New York.
Sapevo che sarebbe andato lì, ad incontrare le comunità di CL allora nascenti e di cui facevano parte soprattutto ragazzi italiani andati in USA a fare dei Master o vari corsi si specializzazione. Io avevo appena finito una parte della mia attività lavorativa in Pennsylvania (vedi post) Presi qualche giorno di ferie prima del ritorno in Italia e mi fermai a New York. 
Per farla breve, ad uno dei tanti incontri che don Giussani tenne in città,  un tale chiese la ragione del trovarsi per la "Scuola di comunità". Non bastava, diceva questo ragazzo, assegnarsi un testo e studiarselo singolarmente? Cosa serviva trovarsi in gruppo ad intervalli regolari per approfondire la comprensione ed il confronto su quanto stiamo vivendo? 
La risposta di don Giussani non la ricordo nei minimi dettagli, ma un discorso simile al suo l'ho letto in seguito, in The Scrum Primer di Pete Deemer, Gabrielle Benefield, Craig Larman, Bas Vodde, quando viene criticato l'approccio waterfall. La stesura di un documento scritto prevede un passaggio di astrazione rispetto alla realtà e la sua lettura aggiunge un altro passo di astrazione. Quindi non si ha nessuna garanzia che il messaggio sia capito e compreso senza essere frainteso.  Occorre (anche) parlarsi. Inoltre, secondo altri autori, la miglior forma di comunicazione è quella verbale supportata da schizzi/ schemi... e l'immagine di don Gius più famosa è sicuramente questa. 
(e poi il cristianesimo è un incontro!)

domenica 13 febbraio 2011

Varie ed eventuali

Sono stato un po' lontano dal blog e riassumo velocemente alcuni punti degli eventi di questi giorni (con qualche nesso con il tema che vorrei emergesse dal blog).
Management 3.0
Mi è arrivato il libro Management 3.0 di J.Appelo (che ringrazio ancora) e mi accingo a leggere.
Decimo anniversario dell'Agile Manifesto.
Sono già passati 10 anni, ed in Italia continua ad essere una novità o una stranezza per hobbisti, senza impatto sulle grandi aziende. Povera Italia!
Anniversario delle morte di Eluana.
Che c'entra con questo blog? C'entra con il post Project management esistenziale. Un incidente così grave, secondo la definizione  classica, porterebbe a considerare il "progetto esistenza" = fallito . Ma secondo una definizione più "complessa"? Per quanto riguarda "la soddifazione personale e l'eccellenza tecnica" è un mistero che conosce solo lei e su cui nessuno può dire nulla. Ma per quanto riguarda il beneficio che apporta all'organizzazione, (il ROI) questo episodio ha messo a dura prova, anzi ha fatto affrontare la massima prova, che una qualsiasi organizzazione può affrontare "La capacità di accogliere ed integrare il diverso" e l'ha fatto nel modo più duro che si possa immaginare. Siccome secondo me l'integrazione del diverso è la chiave di sopravvivenza di una civiltà,  tornerò su questo tema. Da questo test, la vicenda di Eluana , la società italiana, non mi pare uscita bene.
Berlusconi.
A parte le varie considerazioni che vorrei fare (Ha ragione Violante!) ce n'è una correlata con questo blog. Possibile che un uomo potente, ricco etc... si diverta peggio che un marinaio sbarcato in un porto dopo mesi di navigazione? Forse conviene ridefinire il concetto di successo.
Egitto e Tunisia.
Mi sento fraternamente legato al popolo tunisino ed egiziano in questi loro giorni pieni di difficoltà speranze e paure. Ero stato per lavoro in Tunisia nel 1996 e ne avevo avuto un impressione ottima. La gente, soprattutto i giovani e i cittadini, parlano normalmente francese e arabo, in più molti imparavano l'inglese e l'italiano. Gente sveglia e istruita. Anche dalle statistiche si vede che è una generazione ad una scolarità molto alta in assoluto, ed in particolare nel mondo arabo. Eppure le prospettive di lavoro sono bassissime, inadeguate allo studio. In questo mi sento loro fratello: anch'io laureato, 30 e più anni di lavoro di discreto livello, oggi  ho uno status sociale minore di quello di un bidello.
Dell'Egitto: ho avuto l'onore di ascoltare alcuni anni fa una "lezione" del prof. Wael Farouq . Mi ha fatto cadere molti pregiudizi che avevo nei confronti degli islamici. Pensavo che, "bloccati" dal Corano, gli islamici fossero magari anche persone pie e guidate ad una vita onesta, ma non "colte", come i maestri Zen o i vari "dottori della Chiesa" e loro discepoli. Mi ha fatto ricredere. Ora ho letto avidamente le sue interviste che sono riuscito a trovare sui fatti di questi giorni. Immancabilmente redarguisce l'occidente per la sua doppiezza, ambiguità, calcolo degli interessi di bottega sulla pelle dei popoli. (Lo fa in modo molto elegante, me è così).
Ha ragione Pagheremo caro, pagheremo tutto!