Ho atteso molto a fare il mio 100esmio post. Spero di riprendere a postare con intervalli meno ampi.
Di che parlo? di innovazione. Una parola molto trandy, tutto deve essere innovativo, come in altri contesti di marketing tutto deve essere biologico.
Nel libro Antifragile, mia principale lettura della scorsa estate, si parlava della neomania, e l'autore criticava la moda del nuovo fine a se stesso.
Il problema dell'innovazione secondo me occorre seguire la seguente mappa.
1) capire a cosa serve un prodotto. Elencare le diverse utilità e caratteristiche.
2) definire i punti in cui si vuole migliorare ed apportare le modifiche "innovative"
3) fare dei test di regressione, cioè verificare che il "prodotto innovativo" che migliora una certa funzione, non crei problemi o peggiori le altre prestazioni garantite dalla "maniera vecchia".
Ho già parlato del pane (e pasta) raccontando dello scontro con l'eresiarca Camillo Langone, che negando l'esistenza dei celiaci, si domadava come un popolo di pastasciuttari potesse essere diventato celiaco. La sua obiezione sarebbe potuta essere giusta se il frumento fosse stato lo stesso di 50 anni fa, ma non lo è. Sono cambiate le specie di grano coltivate, spesso ottenute da modificazioni genetiche ottenute via radiazioni, ed è cambiato uil processo produttivo con l'introduzione della mietitrebbia che ha tagliato i tempi di lavoro, ma anche la fase in cui il grano tagliato in attesa di essere mietuto subiva trasformazioni chimiche che ne miglioravano la digeribilità. Innovazione che ha aumentato la quantità, diminuito i tempi(=costi) ma diminuito il potenziale numero degli acquirenti.
Il vino ha seguito un percorso diametralmente opposto. Un tempo il vino era bevuto in grande quantità. Ricordo l'uso dei bottiglioni da 2 litri che oggi giaciono nelle cantine degli ottantenni. Negli anni 70, quando andavo a vendemmiare, i viticultori ricordavano i bei tempi in cui la vendemmia era una festa, da una collina si sentiva una voce che intonava "Marja Gioana l'era 'n sl'us!" e dall'altra il coro rispondeva "L'era 'n sl'us cà filava oh!" e dicevano... oggi invece occorre fare tutto in fretta... in fretta per tagliare sui costi ed ottenere un margini da un prodotto che attirava sempre meno. Il vino non ha seguito la strada più quantità, processo produttivo più rapido per minimizzare i costi. Non poteva, perchè così facendo non avrebbe comuqnue retto la concorrenza della CocaCola.... Ha migliorato la qualità, è diventato un prodotto di pregio. Viene venduto a prezzi molto più alti, personalmente il Barolo è fuori dal mio buget, ma oggi bevo Barbere che non mi fanno rimpiangere i Nebbioli assaggiati quando avevo 20/25 anni. Per non parlare del Dolcetto il mio vino preferito per certi pasti invernali, il Brachetto ottimo con i dolci, o per uscire dai patrii confini del Piemonte, il Refosco dPR che ha allietato le miei ultime vacanze in Friuli, o un vino marchigiano che mi ha entusiasmato o il Lambrusco che disprezzavo ed ora sto rivalutando.
Innovazione? dipende....
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