Parecchi anni fa avevo letto una citazione di Stefano d'Ungheria che mi piacque molto. Cercai il libro da cui era stata tratta e dopo un discreta ricerca lo trovai: un libro piccolo, ma in latino con traduzione italiana a fronte.
Non avevo ancora vissuto la sgradevole esperienza in T***, che "per trattar del ben che vi trovai" mi diede, per reazione, l'interesse per l'approccio agile, da cui la lettura di Management 3.0... forse era un presentimento... ma veniamo a Stefano.
Stefano era un capo tribù dei magiari che intorno all'anno 1000 capì che se volevano sopravvivere avrebbero dovuto organizzarsi in uno stato, come erano organizzati gli stati del XI secolo. Il testo è una serie di consigli che Stefano impartisce al figlio Imre, immaginando che sarebbe stato il suo successore. Non fu così, ma per noi ora non ha importanza.
I consigli sono soprattutto legati al rapporto con la Chiesa. Stefano faceva grandi dichiarazioni di rispetto, ma è evidente che desiderava strumentalizzare l' unica altra oraganizzazione sul suo territorio, capace di raggiungere il popolo, renderlo più civile etc. Oggi questi consigli sarebbero inaccettabili sia per un laico sia per la Chiesa stessa. Ma come dice il manifesto della complessità in Management 3.0 "Solutions depend on the problem’s context" e "Each strange solution is the best one somewhere" in quel contesto quel deficit di separazione tra stato e chiesa poteva essere utile, tant'è che la Chiesa ricorda Stefano come Santo.
C'è però un punto che mi piace moltissimo e sento una grande affinità con Management 3.0. In Management 3.0 si ricorda che nell'alveare le api quando fa "troppo caldo" battono le ali per raffreddare le arnie. Ma ogni ape è diversa: considera il "troppo caldo" in modo diverso perciò c'è chi comincia prima, chi dopo: grazie a questa diversità la temperatura è ben controllata, senza "scalini" che comprometterebbero la qualità del miele. Segue un più dettagliato esame del valore della diversità in un ambiente lavorativo.
Ma ecco cosa dice Stefano:
La presenza di stranieri e di uomini che vengono da fuori, è di tale vantaggio che merita a ragione di essere annoverata al sesto posto nella dignità regale. L'impero di Roma crebbe ed i re Romani divennero illustri e gloriosi soprattutto perchè a Roma confluirono da diverse regioni molti uomini insigni e sapienti.... Un regno che abbia una sola lingua ed una sola consuetudine di condotta è infermo e fragile...
OK?
Nessun commento:
Posta un commento