martedì 4 ottobre 2011

Scrum in Churh (3 parte )

Ora mi addentro in un terreno quanto mai difficile. Partendo dall' affermazione citata  in questo post, vale a dire

"i modi in cui ci organizziamo, le strutture che creiamo per ordinare le nostre vite, e il nostro lavoro, rispecchiano la nostra più profonda visone teologica" mi domando, che visione teologica sottendono le strutture organizzative qui in Italia?
So che è un discorso difficile. Io a differenza di molti miei connazionali della mia generazione o poco più vecchi, non ho avuto una infanzia giovinezza tutta "oratorio pallone servir messa" da cui poi emanciparsi tenendo alcuni buoni principi. Sebbene di famiglia cattolica, da ragazzino non frequentai oratori; il cattolicesimo fu sostanzialmente una scoperta dai diciannove anni in su. Ho gia censurato un post in cui esprimevo il mio giudizio su una certa "formazione" cattolica, e ora vado con i piedi di piombo.
Vi è subito una risposta facile. L'Italia è una nazione cattolica, la chiesa cattolica ha una struttura gerarchica, quindi le strutture organizzative che ne conseguono sono di tipo piramidale. Risposta facile da elzeviro, ma doppiamente falsa.
1) In realtà il cattolicesimo è molto più complesso. Per dirla con un immagine di Management 3.0. ha due punti di vista: carisma ed istituzione. Non mi addentro per evitare di scrivere eresie, ma ai tempi di Pio IX,  c'era il carisma di don Bosco approvato ma non "programmato" dalla gerarchia; nel quattrocento, ai tempi in cui i papi erano ad Avignone... la chiesa in Italia era trascinata da una signorina anoressica, manco suora, solo "mantellata", che poi sarà proclamata dottore della chiesa (Caterina); idem nel '500 una grande avventura religiosa cominciò da un ex militare in convalescenza (Gesuiti); oggi è S. Francesco, anch'egli un laico ma con una grande influenza nella chiesa.... Insomma l'istituzione da il benestare, ma quello che la muove è il carisma. 
2) Ma l'italia è una nazione cattolica? Dipende. Sicuramente nell'oraganizzazione del lavoro nell'età industriale il cattolicesimo ha detto molto poco. Non sto a dire che la rivoluzione industriale è stata fatta da non-cattolici, (in Piemonte Leumann, Abegg), ma per motivi storici che non sto ad indagare, i cattolici hanno giocato di rimessa. Il gia citato, grandissimo, don Bosco faceva in modo che i suoi ragazzi avessero un mestiere, firmava lui stesso i contratti (individuali) con i datori di lavoro e vedeva che venissero rispettati, ma aveva ben altro da fare che vedere come fosse l'organizzazione dentro l'opificio. 
Il modello industriale è stato copiato come un fatto ineluttabile. Ci si è ricordati di essere italiani (e quindi forse anche cattolici) in tutte quelle attività "intorno" all'azienda (solidarietà, giustizia, ridistribuzione del profitti) ma mai questo ha intaccato "dentro" l'azienda. In Giappone per esempio non è stato così.
La peculiarità italiana si è manifestata nelle attività artigianali, ma nelle grandi strutture non è emerso, che io sappia nulla di "alternativo".
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Quanto ho detto (che se qualcuno riesce a smentirmi, ben venga) ha due aggiunte.
Mi si obietterà che non si può ricavare dal Vangelo una metodologia di gestione aziendale... verissimo, ma la frase di partenza era "i modi in cui ci organizziamo, le strutture che creiamo per ordinare le nostre vite, e il nostro lavoro, rispecchiano la nostra più profonda visone teologica" quindi la "visione teologica" rispecchiata è uno sdoppiamento di personalità, una visone dualistica per cui esistono argomenti dell'esistenza su cui non c'è nulla da dire.
Ma è mai esistito un approccio "cattolico" all'organizzazione del lavoro collettivo? Come ho già detto, il vangelo non è un manuale delle giovani marmotte, ma quell' insieme di desideri-indizi-riflessioni che ti fa trovare il messaggio cristiano affascinante per la tua vita, in qualche modo ti fa anche desiderare che questa assuma certe "forme" e te le suggerisce. Quindi, per rispondere all'ultima domanda, si! Sto leggendo un libro di Massimo Folador, sull'organizzazionde del lavoro e la regola di S. Benedetto. (Dopo aver letto Management 3.0 lo trovo un po' prolisso e pesante, ma è interessante)

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