Alcune considerazioni sulla mia
penultima lettura.
Premessa: sono stato allievo del prof.
Piero Torasso nel primo anno in cui tenne un corso all'università,
con argomenti che rientrerebbero nei temi dell' AI. Il titolo del corso era
Elaborazione dell'Informazione non Numerica- Sostenni l'esame nella
prima sessione: 28/30
Uno punti focali della mia tesi di laurea (1979) era la
“correzione” data dalla vicinanza semantica in un sistema di
riconoscimento del parlato.
(esempio cretino ma chiarificatore: se il
sistema capiva nettamente che una parola finiva con “ali” ma non
identificava bene l'inizio... dubbio tra maiali e cordiali... se
fosse seguita la parola “saluti” la interpretava come “cordiali”)
Ovviamente i dati di
input erano “fittizi” i tempi di elaborazione da ere geologiche,
ma le basi teoriche affascinanti.
Pur detestando la “tecnologia” ero affascinato
dall'interdisciplinarità di questi argomenti. Peccato che il mercato nel 1980
cercasse “programmatori” e “sistemisti” al limite “analisti”
e queste tematiche furono per me un miraggio!
Torniamo al testo. L'immagine della AI che ne esce è negativa. Io, mi ritrovo di più nella posizione di Padre Paolo Benanti, che cerca di evidenziarne gli aspetti controversi e ne propone usi etici. L'autrice sostanzialmente considera inutile questa posizione. Comunque il testo vale la pena di essere letto.
Restituisce all'informatica il suo
aspetto “Hard” molto spesso ignorato. Parla dell'infrastruttura,
con la sua componente “mineraria” ed inquinate. Fa bene a
sottolinearlo. Per chi come me ha dovuto usare la borsa che usava per
la piscina, per metterci un “device” da 10 mega, per chi è
rimasto commosso la prima volta che è riuscito a correggere un
sorgente su un computer in Emilia, stando a Torino e lanciarne la
compilazione link... è facile immaginare cosa ci sia dietro. Ma per
chi si è avvicinato come utente negli ultimi anni, che 50 mega di
foto li ha già messi da tempo nello stato su Whasapp, che ascolta
filmini dallo smartphone... è bene che se ne renda conto.
Il punto problema è: anche altre
infrastrutture hanno un impatto molto pesante. Da quasi tutta Torino
si vedono le sagome di enormi ripetitori televisivi. Pensiamo
all'infrastruttura stradale, che secondo Ivan Illich ha voluto dire
un esborso enorme per gli stati affinché i costruttori d'auto
potessero prosperare. Ho già scritto cosa penso delle Alte velocità
ferroviarie. Nulla ha un impatto zero. La domanda giusta sarebbe come usare le cose
con criterio. E' meglio recarsi ogni mattina per almeno mezz'ora e per lo più nella stessa fascia oraria, così da creare picchi, entrare in
azienda, connettere il laptop ad una rete e lavorare lì, interrotti
da qualche telefonata per poi creare un altro ingorgo stradale ogni sera per il
ritorno, oppure connettersi alla rete, con ovvi accorgimenti per la
sicurezza, da casa? Certe notizie transeunti, è meglio
leggerle on-line o su carta (trasportata su camion) ?
Il testo ci insegna a tenere conto che
anche le “autostrade elettroniche” non sono a impatto zero, ma non dice che in
certi casi sono ad impatto forse minore dell'alternativa per ottenere la stessa funzionalità.
Anche su altri temi è molto interessante ma
in questa sede non li affronto. Forse in un altro post. Mi piace il fatto che ricordi lo
sfruttamento di chi lavora. Non solo dei poveretti che estraggono
cobalto in Congo, ma anche tra gli stessi “tecnici” del mondo
informatico, ci sono molti sfruttati. Me ne sono reso conto a mie
spese sin dagli anni 80, quando queste “novità” permettevano di
aggirare i “lacci e lacciuoli” che avevano permesso ai lavoratori
delle condizioni più eque.
La cosa più inquietante è il capitolo finale.
Secondo le “grandi menti dell'IA” aveva ragione il rapporto
Meadows degli anni 70 (che insieme al fascino di una supplente di
lettere ha evitato la mia prima idea di suicidio, ma questa è
un'altra storia) Restano due soluzioni: o la decrescita felice o
“salvare il pianeta” facendone un parco per i ricchi e meta dei vacanze per la middle
upper class, perchè si lavorerà (inquinerà, scaverà ecc...) sulla Luna, Marte e giganteschi satelliti artificiali. Ovviamente la
prima idea non può essere tollerata dal mito positivista
dell'espansione continua, quindi resta un'ipotesi che sembra da
romanzo distopico, ma è nella testa di pazzi che hanno patrimoni
individuali superiori al PIL di molti stati