Circa cinque anni fa, inorgoglito dal successo di Kamasutra per la Terza-Età e non spaventato dell'insuccesso di Il Santo Evangelo meditato da un Bottegaio , iniziai a scrivere un testo che avrei intitolato
N.O.T.A.V (Novus Ordo Templariorum Antiquum Vindicabit)
in cui si sarebbe narrato del vero motivo tra chi sostine la necessità di fare il TAV e i suoi oppositori: una lotta tra sette esoteriche! Tra chi vuole trovare la ruota del carro di Fetonte e chi, sapendo già usare la sua forza, vuole tenerla nascosta all'umanità.
Il fatto stesso che la linea si chiamasse TAV come Tavo o Tavino, il nome familiare di Gustavo Adolfo Rol, celebre sensitivo (o ciarlatano) torinese, che unisse due città magiche, che tagliasse la retta di San Michele, proprio in prossimità del punto centrale, che passasse vicino al Musinè con tutto quello che comporta... e poi solo saltabeccando su internet ho trovato tanti di quei riferimenti... che ad un certo punto ho avuto paura di indovinare qualcosa. Comunque sia quello che sta succedendo in Ucraina mi ha fatto passare la voglia di scherzare ed ho desistito dall'impresa.
Però, per rispondere a tanti interventi sui social, penso sia cosa utile almeno copiare qui quello che ho scritto nella postfazione
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Postfazione
Perché ho scritto codeste corbellerie? Per adeguarmi. Perché quasi tutto quello che ormai da anni, sento dire sul tema TAV, mi sembra una gran fesseria.
Dico subito che mi reputo un NOTAV in giacca e cravatta anche se raramente indosso la cravatta perché d'estate preferisco le polo e d'inverno sulle camicie metto maglioni che nascondendole, rendono inutili le cravatte. Meglio ancora: mi definirei un SI TAV, ma ad una condizione descritta benissimo in un articolo di Ugo Arrigo sul sito dell'Istituto Bruno Leoni nel 2012.
A quell'articolo, che non riporto ma ne rimando la lettura per chi fosse interessato, si potrebbero fare obiezioni di questo genere: accettando questa logica non si sarebbero fatti ospedali, scuole, fognature, asfaltato strade e via discorrendo nei quartieri poveri. Non sono d'accordo. Certi interventi dello Stato, cioè fatti con i soldi della tassazione progressiva, sono una forma di ridistribuzione per smussare le disuguaglianze sociali: sono interventi di cui ne possono beneficiare
- 1) con certezza
- 2) una grande percentuale della popolazione.
Invece gli interventi cui
- 2) pochi ne beneficeranno direttamente
- 1) non è chiaro con che probabilità ci saranno ricadute positive per tutti,
OK! Si facciano pure, ma il rischio se lo accolli il privato, l'investitore visionario, l'Elon Musk in questione, non la collettività.
Chi vuole il TAV si chiama fuori dalla logica della democrazia occidentale che vede l'alternanza dialettica tra socialdemocrazia - spendere soldi sì, ma per alzare il livello minimo del benessere dei ceti inferiori attraverso il welfare - e il liberalismo - lo stato deve spendere il meno possibile per lasciare all'investitore privato che sa fare generalmente meglio i calcolo costi/benefici e comunque se sbaglia sono affari suoi.
Anche il mondo NOTAV a volte mi lascia perplesso, perché invece di porsi come razionali ragionieri del denaro pubblico; invece di ostentare una visione proiettata verso un futuro digitale e biomolecolare non più lamiera e ciminiera, si presentano come un mix di barotti retrogradi, fricchettoni da centri sociali e vetero-marxisti.
Tutto il rispetto per questa categoria di persone, ma non sono certo quelle che possono attirare intorno a loro un'aggregazione positiva di tutti quelli che preferirebbero, come me, che le loro tasse servano a fornire servizi certi a tutti (socialdemocratici) o a chi al limite preferirebbe meno tasse (liberali).
Fui molto colpito quando Nicoletta Dosio fu arrestata. Rimasi ammirato dal coraggio di quella donna non più giovane e le scrissi anche una lettera in carcere per dirle questo. Ma certi suoi discorsi vetero-marxisti non riescono a scaldare i cuori se non ad una piccola percentuale della popolazione.
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