Manzoni, putroppo valutato solo come letterato, nei Promessi Sposi descrive un processo di autoregolazione, direi quasi di “omeostasi sociale”, quando racconta che alcuni tessitori particolarmente intraprendenti, tra cui il cugino Bortolo, tentavano la fortuna all'estero (che poi era spesso abbastanza vicino, essendo l'Italia frammentata in staterelli) e questa loro migrazione permetteva di non avere un eccesso di tessitori in loco.
Sappiamo che la migrazione non è sempre quella descritta qui, dove rappresenta un fattore di equilibrio per la terra da cui si emigra.
La migrazione può rappresentare un impoverimento della terra di partenza, perchè la svuota delle risorse più produttive, rendendo quei luoghi ancora più poveri, così da invogliare sempre altre partenze. Questo avviene quando il migrante lascia definitivamente il paese e si ri-inventa cittadino del luogo di arrivo, se vi riesce.
Al contrario, la migrazione stagionale o temporanea, è una fonte di ricchezza per i paesi di partenza: il migrante manda le rimesse a casa e nei momenti in cui torna spende e spande per dimostrare la riuscita dal suo progetto migratorio (oltre a portare nuove idee ma qui il discorso sarebbe lungo)
E' chiaro che la comunità di partenza voglia che i suoi migranti finiscano in questo secondo caso. Il fratellino ancora piccolo ha tutti gli interessi che il fratellone migrante mandi qualcosa ai genitori!
Per inciso questo secondo caso è stato molto frequente nella migrazione alpina della prima metà del 900, un po' prima ed un po' dopo.
Come fa la comunità di partenza a raggiungere questo scopo? Inventando la religione della nostalgia, dove per religione intendo proprio la sovrastruttura ideologica, l'oppio dei popoli, il filtro per vedere solo una faccia del reale, insomma quello che i primi martiri cristiani rifiutavano e quindi venivano uccisi perchè atei.
Ecco allora canzoni lacrimevoli, spostamenti
di feste tradizionali nei giorni in cui tornava la maggior parte dei
migranti stagionali, valori identitari mitizzati. Insomma, la costruzione sociale della nostalgia.
E' una truffa! Il povero migrante truffato dal legame con la terra di partenza, nel paese in cui vive si sente sempre un cittadino a metà, non crea relazioni strette con i locali, lavora come un pazzo spendendo pochissimo, cioè una vita grama, per spendere poi nel paese natio, quando tornerà. Invece la vita è adesso! Il paesaggio "sempre nel cuore" non deve impedirti di gustare la bellezza dei luoghi che stai vedendo ora!
Scrivo queste cose perchè anche mio nonno materno, carnico, è stato parzialmente truffato in tale senso. Parzialmente, perchè ha sposato una donna piemontese conosciuta a Brescia, ha avuto relazioni di amicizia a Torino dove è vissuto per più di 30 anni: addirittura quando compì 60 anni lo invitarono alla festa dei coscritti di Cigliano (VC) (paese della nonna, in cui sfollarono durante la guerra) e ne restò commosso.
Però cadde anche lui nella trappola: non seppe resistere dal costruirsi una casa nel paese in cui era nato, dando lavoro ai villici, ma rinunciando a molti spettacoli di opere liriche (da alcune cose ho capito che era un melomane!) ed altri piaceri che non so dire avendo conosciuto poco il nonno se non dai racconti della nonna.
Scrivo queste cose perchè purtroppo quest'oppio è stato interiorizzato nella sua famiglia ed ora mi sta veramente pesando.
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