Cerco di fare una sintesi di due miei
post precedenti.
Parto con la citazione di un
personaggio che non ho messo nel mio pantheon, perchè è ancora
vivo e non lo conosco bene, ma per molte cose mi sento in sintonia,
soprattutto estetica, con lui: Josè Alberto Mujica, presidente
dell'Uruguay. Costui oltre essere bruttino di natura, ha uno stile di
vita molto dimesso, non certo da capo di stato. E' considerato il
presidente più povero del mondo, ma lui dice:
Yo no soy pobre, pobres son los que
creen que yo soy pobre.Tengo pocas cosas, es cierto, las mínimas,
pero sólo para poder ser rico. Quiero tener tiempo para dedicarlo a
las cosas que me motivan.
Quindi un esempio di “baratto” ben
riuscito, nell'ottica di quanto sostenevo in quest'altro intervento.
Un piccolo problema teologico. Nel
Vangelo (Matteo 19, 24) Gesù dice “è più facile che un cammello
passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei
cieli”. La cosa sconvolgente è che i discepoli, che notoriamente
non erano dei nababbi, ma gente che viveva del proprio lavoro,
rimangono “costernati e dicono «Chi si potrà dunque salvare?». E
Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: «Questo è impossibile
agli uomini, ma a Dio tutto è possibile». -
Siccome non credo al “vangelo” come
un testo sacro o escatologico, ma Cristo è capace di provocare la realta
quotidiana, mi colpisce questo “spaventarsi” dei discepoli:
avevano forse in mente la “ricchezza motivazionale”? Quindi anche la
ricchezza motivazionale potrebbe essere di ostacolo ad una piena
realizzazione di sé (metafora un po' più laica ma coincidente con
“regno dei cieli”). ?
Per intanto ritengo un buon passo
avanti se si passasse dalla crescita consumista dovuta ad un lavoro
alienato che trova solo motivazioni estrinseche (consumo) ad un
lavoro che da motivazioni intrinseche e non necessita il consumismo
come motivazione.
Questo
episodio del Vangelo ricorda che neppure questo passaggio basta... ci
vuole ancora un salto in più. Allora “adelante,
Don Pepe!”
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