martedì 28 agosto 2012

Agile senza saperlo 10 - Stefano I re d'Ungheria

Parecchi anni fa avevo letto una citazione di Stefano d'Ungheria che mi piacque molto. Cercai il libro da cui era stata tratta e dopo un discreta ricerca lo trovai: un libro piccolo, ma in latino con traduzione italiana a fronte.
Non avevo ancora vissuto la sgradevole esperienza in T***, che "per trattar del ben che vi trovai" mi diede, per reazione, l'interesse per l'approccio agile, da cui la lettura di Management 3.0... forse era un presentimento... ma veniamo a Stefano.
Stefano era un capo tribù dei magiari che intorno all'anno 1000 capì che se volevano sopravvivere avrebbero dovuto organizzarsi in uno stato, come erano organizzati gli stati del XI secolo. Il testo è una serie di consigli che Stefano impartisce al figlio Imre, immaginando che sarebbe stato il suo successore. Non fu così, ma per noi ora non ha importanza.
I consigli sono soprattutto legati al rapporto con la Chiesa. Stefano faceva grandi dichiarazioni di rispetto, ma  è evidente che desiderava strumentalizzare l' unica altra oraganizzazione sul suo territorio, capace di raggiungere il popolo, renderlo più civile etc. Oggi questi consigli sarebbero inaccettabili sia per un laico sia per la Chiesa stessa. Ma come dice il  manifesto della complessità in Management 3.0 "Solutions depend on the problem’s context" e "Each strange solution is the best one somewhere" in quel contesto quel deficit di separazione tra stato e chiesa poteva essere utile, tant'è che la Chiesa ricorda Stefano come Santo.
C'è però un punto che mi piace moltissimo e sento una grande affinità con Management 3.0. In Management 3.0 si ricorda che nell'alveare le api quando fa "troppo caldo" battono le ali per raffreddare le arnie. Ma ogni ape è diversa: considera il "troppo caldo" in modo diverso perciò c'è chi comincia prima, chi dopo: grazie a questa diversità la temperatura è ben controllata, senza "scalini" che comprometterebbero la qualità del miele. Segue un più dettagliato esame del valore della diversità in un ambiente lavorativo.
Ma ecco cosa dice Stefano:
La presenza di stranieri e di uomini che vengono da fuori, è di tale vantaggio che merita a ragione di essere annoverata al sesto posto nella dignità regale. L'impero di Roma crebbe ed i re Romani divennero illustri e gloriosi soprattutto perchè a Roma confluirono da diverse regioni molti uomini insigni e sapienti.... Un regno che abbia una sola lingua ed una sola consuetudine di condotta è infermo e fragile...

OK?

mercoledì 1 agosto 2012

Zavorre - Superstizione : lavorare di più.

Superstizione: sono più di 30 anni che nessuno pensa di fare passare un cavallo da li!

Ho intitolato un mio post "Son pà fòl!" perchè avevo notato di aver fatto un post il cui  contenuto sarebbe poi stato ripreso dal Wall Street Journal (mica dalla gazzetta di Vallumida!)
Se avessi pubblicato quello che avevo in mente l'avrei potuto ribadire oggi, perchè tramite un commento su linkedin pubblicato da Jurgen Appelo, l'autore di Management 3.0, ho visto un post sull' Harvard Businnes Review (mica il Corriere di Ligosullo!) che esprime un concetto che ho in mente. 
Dice l'articolo che come "ore lavorate" la Grecia supera la Germania. Eppure sappiamo tutti come stanno le economie dei due paesi! L'immagine del mediterraneo sdraiato al sole e il nordico al lavoro è falsa. Il problema è il peso "burocratico" che rende improduttivo il lavoro.
Diceva Tom De Marco, anche se non ricordo bene dove, che il ricorso ordinario allo straordinario è il modo migliore per rendere meno produttiva ogni ora di lavoro.
Invece i nostri "vicerè" che pensano ancora alla "catena di montaggio" in un contesto economico dove pezzo prodotto = pezzo venduto, hanno in mente di aumentare le ore di lavoro.
1) Aumento dell'orario di apertura dei negozi: Solo un cretino va a comprare il latte più volte perchè trova il negozio aperto più spesso. Uno compra quello che gli serve, se ha i soldi per pagarlo. 
Ma su questo tema potrei obiettare che chi ha fatto questa pensata non era uno scemo, persegue lucidamente un fine: tenere di più aperto un negozio vuol dire aumentare i costi. Fare questo in un periodo in cui è difficile accedere al credito vuol dire fare chiudere le piccole realtà per permettere la concentrazione in pochi grandi gruppi. 
2) Sempre qualche "ç@#! ha proposto di togliere qualche festività per fare aumentare il PIL. La cosa è rientrata, ma era assudo che qualcuno l'abbia detta in un contesto diverso che il WC di un'osteria!  Si sa benissimo che picchi di produzione in piccole realtà sono sempre gestiti, mentre vi sono grandi realtà che elemosinano cassa integrazione e altri ammortizzatori sociali! Togliamo le feste per avere più giorni di cassa integrazione!
3) Quello che però è più drammatico è che la squola ha deciso di portare a 60 minuti le ore delle lezioni.
In qualsiasi corso di management o di chi deve parlare in pubblico si dice l'attenzione dopo 20 minuti svanisce... Ricordo uno schetch di Paolo Cevoli, comico ma non cretino, che parlava della tombola del manager: quando un direttore doveva tenere un discorso distribuiva cartelle tipo tombola con il luoghi comuni come "core businnes" "valore aggiunto"... e la gente per stare attenta si segnava quando "uscivano".... Invece i padroni della squola non se ne rendono conto?
Quei 10 minuti si potevano ben recuperare in altro modo! Inoltre così i ragazzi in classe saranno ancor più dirstratti, e a casa non avranno il tempo per studiare!
Che ci sia un disegno lucido come per la chiusura dei piccoli negozi o è solo superstizione?
Accetto ipotesi.