venerdì 24 aprile 2020

Bella Ciao

Da un po' di tempo mi sto appassionando alla “storia delle canzoni” cioè di come alcune canzoni sono nate in un contesto, hanno avuto certi significati per chi le cantava e ascoltava, poi hanno avuto altre interpretazioni e magari qualche modifica
Significative sono la storia di Faccetta nera solo superficialmente una “canzone fascista”; di Zamba de mi esperanza una canzone dolce e senza nessun evidente richiamo ideologico eppure costò la vita a Jorge A. Cafrune che per averla cantata fu considerato un oppositore al regime militare argentino; Sul puint di Braulins canzone che spopola in tutte le sagre di paese in Friuli la cui storia sarebbe molto lunga, molto più  della canzoncina.

Non riesco a capire perchè oggi, sia così amata ed odiata la canzone klezmer con il titolo Bella Ciao. Premetto che io sono dalla parte di chi vuole festeggiare la liberazione dal fascismo e dal nazismo suo alleato, anche se il 25 aprile è una data arbitraria, perchè le date degli eventi storici porterebbero la festa un po' più avanti (Ad Ovaro accadde un fatto drammatico il 2 maggio 1945)


Orbene, illustri partigiani tra cui Giorgio Bocca, hanno affermato di non aver mai cantato né sentito cantare quella canzone durante la resistenza. Ho letto un articolo in cui si dice che la canzone fu pubblicata nel 1953; pochi anni dopo fu anche “raccolta” con un altro testo come “canto delle mondine”: una zia d'acquisto che in gioventà faceva la mondina, afferma di non averla mai cantata.


Altro punto: normalmente quando uno agisce, lo fa il più delle volte spinto dagli enventi. Solo dopo elabora in modo lucido analitico razionale le cause per cui ha agito. Analogamente dopo la resistenza vi furono delle riletture a posteriori del fatto. In quarta scientifico il professore ci assegnò il tema “Resistenza: secondo risorgimento o lotta di popolo?” Io, come del resto anche i miei compagni, scegliemmo il tema alternativo perchè il risorgimento si affronta in quinta, e non volevamo avventurarci su terreni inesplorati. Per parlare della resistenza non avevamo alcun problema: avevamo tutti genitori, nonni e zii loquaci. Il professore si accorse dell'errore.

Comunque la resistenza “secondo risorgimento” è una lettura a posteriori, che difficilmente era presente nella mente dei partigiani (anche Garibaldi fu preso più per la sua immagine iconica che in riferimento storico)

Una cosa accomunava tutti i partecipanti alla lotta partigiana: la sfiducia nella classe dirigente fascista che 
aveva mandato allo sbaraglio una nazione ed una generazione di giovani, in una guerra assurda con un alleato per nulla simpatico. Molti partigiani erano militari o giovani sotto leva che non volevano combattere per la Repubblica di Salò. A questi poi si unirono anche degli antifasciti della vecchia generazione.
Al disprezzo per la classe dirigente si aggiungevano poi altre motivazioni: per alcuni la possibilità di una rivoluzione socialista (“Resistenza come rivoluzione mancata” è un'altra lettura); per molti, comunque il desiderio di una società più democratica ed equa.

Il “Secondo risorgimento” mi pare una lettura blanda, edulcorata ed “imbalsamante”, direi politically correct, quasi che tema di “offendere quelli dell'altra parte” inventando un riscatto italiano da una servitù straniera (Boh?) e non da una classe dirigente autoreferenziale, arrogante, stupida e incurante del popolo.
La canzone Bella ciao, mai cantata dai partigiani, mi sembra che vada proprio nella direzione del “secondo risorgimento”.

In particolare mi sbalordisce la parola “invasor”. Ma chi era allora l'invasor? Gli americani sbarcati ad Anzio? (Boh oggi potrebbe cantarla qualche xenofobo contro gli immigrati).

Mussolini ed i suoi gerarchi erano tutti italiani doc. Sarebbe stato meglio “dittator” o “impostor” visto che di bugie il duce ne disse tante!
Sembra quasi scritta per non offendere chi allora era dalla parte sbagliata. Però siccome oggi c'è chi nonostante tutto si offende, allora chi vuole cantarla la canti pure. Io però non la canto: sono troppo visceralmente ostile al fascismo.