sabato 11 maggio 2013

Success Intelligence

La mia ultima lettura è stata Success intelligence – Robert Holden.

Breve premessa. L'autore parte dall'esperienza personale: figlio di un uomo d'affari con una carriera ricca di successi che ad un certo punto della sua vita si lascia andare nel bere e finisce in un modo molto triste. Colpito dal suo dramma familiare, l'autore decide di dedicarsi allo studio del comportamento umano per aiutare le persone ad affrontare la realtà, anche le persone “di successo” dalle quali spesso emergono fragilità apparentemente insospettate.
Sul libro do un giudizio sostanzialmente positivo anche se comincio da quello che non mi è piaciuto. Molto spesso l'autore fa ricorso alla parola “God”. Questo non mi è piaciuto; parafrasando Laplace, avrei preferito non ci fosse stato bisogno di questa ipotesi. Non per agnosticismo, ma perché ho apprezzato moltissimo la metafora di Papa Francesco sul “Dio spray”, e “quel” Dio mi sembrava proprio un “Dio spray”.
Il libro vuole dare un approccio in qualche modo “strutturato”, ma il bello consiste proprio in citazioni, aneddoti, casi vissuti e ragionamenti pieni di buon senso, piacevoli anche se letti fuori dal contesto.
Quello che mi stupisce è che molte di queste cose sensate sono in totale controtendenza con il sentire comune. Se le avessi affermate io, o almeno quando le ho affermate, mi sono sempre sentito dare del cretino.
Citando qua è là l'autore spiega quanto sia pericolosa l'equazione "sacrificio,impegno,fatica->successo"  poichè se il successo arriva, molti pensano di non aver faticato abbastanza e che debba esserci da qualche parte un "pegno" da pagare. Se il successo non arriva, arriva poi un gran risentimento... ma prova a dire in giro, se non ti chiami Robert Holden PhD, che questa correlazione, seppur esistente, non è così stretta come appare...
Oppure, cosa sensatissima ma poco frequente, quanta fatica si spreca (scuola o le aziende che vogliono essere "furbe" e fanno i performance appraisal) per migliorare i punti di debolezza. Non che non si debba fare, ma non sarebbe meglio scoprire i punti di forza e valorizzarli?
Potrei andare avanti così ma, proprio perchè il bello del libro sono le "citazioni sensate" piuttosto che uno studio organico, finirei per copiarlo tutto.
Nel complesso mi ricorda molto le 7 regole di Covey, con qualche cosa in meno.

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